
Roberto Beneduce
Roberto Beneduce è antropologo e psichiatra, docente di Antropologia culturale all’Università di Torino. Al centro delle sue ricerche stanno l’antropologia della violenza e della memoria, i saperi locali della cura (Mali, Camerun, Mozambico, Colombia), l’etnopsichiatria e la condizione dei rifugiati e dei richiedenti asilo. Dopo l’esperienza psichiatrica a Napoli, si è trasferito a Torino, dove ha fondato nel 1996 il Centro Frantz Fanon e conseguito il dottorato in antropologia all’EHESS (Parigi) sotto la direzione di M. Augé. È stato visiting professor nelle università di Berkeley, Tolosa, Libreville, ICESI-Cali, e fellow presso l’EPHE (Paris), l’IMERA (Marseille), l'istituto Convergences-Migrations (Paris). I suoi lavori sono apparsi in diverse riviste internazionali (Medical Anthropology, Cahiers d’études africaines, Cahiers d’Anthropologie Sociale, Caliban, Social Compass, Culture Medicine & Psychiatry, Politique africaine, ecc.). Fra gli scritti più recenti: (con N. Gibson) Frantz Fanon, Psychiatry and politics, 2017; L’Histoire au corps. Mémoires indociles et archives du désordre dans les cultes de possession en Afrique, 2016; Archeologie del trauma. Un’antropologia del sottosuolo, 2019 (seconda edizione).
Domenica 13 aprile
Sorvegliare e punire. Salute e diritti nei CPR
Aula 3 - Via Zamboni 38
I Centri di Permanentza per i Rimpatri (CPR) sono strutture di detenzione amministrativa dove sono reclusi i cittadini non comunitari non in regola con i documenti o destinatari di provvedimenti di espulsione.
I CPR si inseriscono in un sistema articolato di controllo e detenzione amministrativa, composto dagli hotspot ("strutture di primo soccorso e accoglienza") presenti a Lampedusa, Pozzallo, Messina e Taranto, dai 9 Centri di prima accoglienza (CPA) in cui sono trasferiti i migranti che hanno manifestato la volontà di chiedere asilo in Italia e dai 9 CPR in cui sono reclusi i migranti che non hanno i requisiti per ottenere la protezione internazionale.
I CPR sono strutture finalizzate alla repressione, criminalizzazione e marginalizzazione delle persone migranti, in cui persone che non hanno commesso alcun atto violento contro persone e cose subiscono una strutturale violenza fisica e psicologica istituzionalizzata.
Quali condizioni politiche, culturali e sociali hanno determinato e continuano a determinare la legittimazione di processi di tale violenza strutturale? Quali impatti individuali e collettivi producono sulle persone e sulle comunità sottoposte a tali violenze?